Registrare un marchio è essenziale per proteggere l’identità di un’impresa e tutelare il proprio vantaggio competitivo. Ma non tutte le parole, forme o segni sono automaticamente registrabili. E’ necessario rispettare una serie di requisiti da tenere a mente prima di depositare una domanda di registrazione del marchio.
In questo approfondimento analizziamo quali sono questi i requisiti e alcuni casi reali emblematici, spiegando anche quali norme sono state applicate e in che modo.
Quali requisiti deve avere un marchio per essere registrabile?
Secondo l’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale (CPI), può essere registrato qualsiasi segno che possa essere rappresentato graficamente (come parole, disegni, lettere, cifre, suoni, forma del prodotto della confezione e le combinazioni o le tonalità cromatiche) che sia atto a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre. Ma questo non basta.
Quindi la gamma di marchi registrabili può essere molto ampia, purché il segno che si vuole registrare soddisfi una serie di requisiti, che vediamo di seguito.
Requisiti per la registrazione di un marchio
Per garantire la validità e la tutela legale di un marchio, è fondamentale che esso soddisfi specifici requisiti stabiliti dalla normativa italiana ed europea. Di seguito, analizziamo in dettaglio questi requisiti:
1. Novità
Il marchio deve essere nuovo, ossia non identico o simile a un marchio già registrato o noto per prodotti o servizi identici o affini. Questo requisito mira a evitare confusione tra i consumatori e a proteggere i diritti dei titolari di marchi preesistenti.
Riferimenti normativi:
- Articolo 12 del Codice della Proprietà Industriale (CPI)
- Articolo 8 del Regolamento (UE) 2017/1001
2. Capacità distintiva
Il marchio deve essere in grado di distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. Segni generici, descrittivi o di uso comune non possiedono questa capacità e, pertanto, non sono registrabili.
Riferimenti normativi:
- Articolo 13 del CPI
- Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) del Regolamento (UE) 2017/1001
3. Liceità
Il marchio non deve essere contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume. Inoltre, non deve ingannare il pubblico sulla provenienza geografica, la natura o la qualità dei prodotti o servizi.
Riferimenti normativi:
- Articolo 14 del CPI
- Articolo 7, paragrafo 1, lettere f) e g) del Regolamento (UE) 2017/1001
4. Rappresentabilità
Il marchio deve essere rappresentato nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare. Questo requisito è essenziale per garantire la certezza del diritto e la trasparenza del sistema di registrazione.
Riferimenti normativi:
- Articolo 7 del CPI
- Articolo 4 del Regolamento (UE) 2017/1001
5. Non conflittualità con diritti anteriori
Il marchio non deve violare diritti preesistenti di terzi, come denominazioni geografiche protette, nomi di persone celebri o marchi notori. È fondamentale effettuare una ricerca di anteriorità prima di procedere con la registrazione, anche se non è obbligatoria.
Riferimenti normativi:
- Articolo 14, comma 1, lettera c) del CPI
- Articolo 8 del Regolamento (UE) 2017/1001
Caso “Cotto d’Este”: quando il riferimento geografico diventa distintivo
📎 Cass. civ., Sez. I, 19/04/2016, n. 7736
L’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi aveva negato la registrazione del marchio “Cotto d’Este” per prodotti ceramici, ritenendolo descrittivo e riferibile a una zona geografica con tradizione nella ceramica (l’area degli Estensi).
La Cassazione, al contrario, ha riconosciuto che il marchio:
- non indica un luogo reale noto per la ceramica
- ha carattere evocativo e non descrittivo
- è sufficientemente fantasioso da distinguere i prodotti
🧾 Norma applicata: art. 13, co. 1, lett. b) CPI
👉 Questa norma vieta la registrazione di marchi costituiti esclusivamente da indicazioni descrittive. Tuttavia, se un toponimo viene usato in modo creativo e non è percepito come una vera indicazione geografica, allora il segno può essere registrabile. È il caso di “Cotto d’Este”, dove “Este” non viene immediatamente ricondotto a un’origine geografica dal consumatore medio.
Caso “Cloppenburg”: il nome geografico poco noto si può registrare
📎 Trib. I grado Comunità Europee, 25/10/2005, n. 379
Il marchio “Cloppenburg”, nome di una cittadina tedesca, è stato ammesso come marchio comunitario. Il Tribunale ha ritenuto che:
- la località fosse poco conosciuta
- non ci fosse un nesso evidente con i prodotti/servizi
- il termine fosse percepito come nome di fantasia dal pubblico
🧾 Norma applicata: art. 7 del Reg. UE 2017/1001 (ex Reg. n. 40/94)
👉 Questa disposizione vieta la registrazione di marchi costituiti esclusivamente da indicazioni geografiche, salvo che non siano percepiti come tali dal pubblico. Se il toponimo non ha notorietà o collegamento con i prodotti, può essere ammesso. La sentenza chiarisce che non tutti i nomi di città comportano automaticamente l’esclusione dalla registrazione.
Caso “Vedobene”: unione di parole comuni, ma nessuna caratteristica distintiva
📎 Tribunale Torino, Ordinanza, 17/08/2011
Il marchio “Vedobene”, utilizzato per occhiali da lettura, è stato dichiarato nullo perché:
- è composto da due parole comuni e descrittive
- non crea un significato nuovo o originale
- non evoca nulla oltre la mera funzione del prodotto
🧾 Norma applicata: art. 13, co. 1, lett. b) e c) CPI
👉 Il marchio è vietato se composto esclusivamente da termini che indicano la qualità, la quantità, la destinazione o la funzione del prodotto. La combinazione “vedo bene” descrive esattamente lo scopo degli occhiali, senza aggiungere elementi distintivi. Per essere registrabile, un segno descrittivo deve essere trasformato da un elemento di fantasia o da un accostamento originale.
Caso “Net2Phone”: il numero fa la differenza
📎 Tribunale Cagliari, Sentenza, 28/03/2006, n. 831
Il marchio “Net2Phone”, richiesto per servizi di comunicazione via internet, è stato ritenuto valido. Secondo il tribunale:
- l’uso del numero “2” interrompe la linearità del significato
- la combinazione complessiva ha una forza distintiva autonoma
- il pubblico non percepisce il segno come meramente descrittivo
🧾 Norma applicata: art. 13 CPI
👉 Anche se composti da parole comuni, marchi con combinazioni inusuali o graficamente originali possono essere registrati. In questo caso, il numero “2” inserito tra “net” e “phone” dà origine a un’espressione nuova, riconoscibile come marchio.
Caso “Odore di fragola matura”: i limiti dei marchi olfattivi
📎 Trib. I grado Comunità Europee, Sez. III, 27/10/2005, n. 305
Un’impresa ha cercato di registrare come marchio l’odore di fragola matura, descritto a parole e accompagnato da un’immagine del frutto. Il Tribunale ha respinto la domanda perché:
- l’odore non è rappresentabile graficamente
- manca una forma chiara, precisa e condivisa per descrivere un odore
🧾 Norma applicata: art. 4 Reg. n. 40/94 (oggi art. 4 Reg. UE 2017/1001)
👉 La norma richiede che il marchio sia rappresentato nel registro in modo tale da consentire a chiunque di capire con chiarezza che cosa è protetto. Gli odori, in assenza di una rappresentazione univoca e oggettiva, non soddisfano questo requisito tecnico.
Come fare?
Come dimostrano questi casi, la registrazione di un marchio richiede più di una buona idea: è necessario valutare attentamente i criteri previsti dal Codice della Proprietà Industriale e dai regolamenti europei.
Parole descrittive, toponimi o segni comuni possono diventare registrabili solo se reinterpretati in modo creativo e distintivo.
Come puoi vedere da questi casi pratici, il confine tra marchio registrabile e non registrabile non è affatto netto, ma è caratterizzato da sfumature molto delicate, la cui interpretazione richiede competenze ed esperienze giuridiche rilevanti.
Articolo scritto con l’ausilio supportivo di AI