Immagino ti sarà capitato spesso di acquistare qualcosa online. Al momento del checkout, prima di procedere con il pagamento, di solito viene richiesto di mettere una crocetta – flag – su di una casella che in genere si riferisce alle condizioni generali di vendita e alla privacy policy.
La maggior parte delle persone non legge i documenti che sono raggiungibili dai link cliccabili – e questa non è una buona idea, come vedremo più avanti – contrassegnando al volo la casella per procedere velocemente alla conclusione dell’ordine.
E’ quindi valido legalmente questo contratto?
Questa domanda mi è stata posta da una lettrice del blog, la quale aveva acquistato un corso online, pagando un acconto e poi cambiando idea. Il venditore insisteva nel sostenere la piena validità del contratto, in quanto accettato con l’apposita spunta, chiedendo il pagamento del saldo del corso.
La lettrice mi ha contattata per chiedermi se fosse valido quel flag apposto prima della conclusione dell’ordine.
Casella di spunta, è valida?
La risposta generale è sì e, quindi, qui potrebbe concludersi questo articolo.
Vedi anche Come firmare un contratto a distanza con valore legale
Ma, c’è un ma … Anzi ce ne sono molti, eccone di seguito alcuni esempi.
Tutte le clausole sono valide?
Non è detto che tutte le clausole del contratto siano valide e, quindi, vincolanti: alcune di esse non sono valide con una sola spunta. Altre, chiamate clausole vessatorie, hanno bisogno di una seconda conferma, che dovrebbe sostituire il requisito della seconda firma richiesto dalla legge per la validità di queste clausole.
Hai presente quando firmi un contratto cartaceo e ti vengono richieste almeno due firme? Ecco, il concetto è lo stesso anche nell’online.
Se poi l’acquirente è un consumatore, allora si applicano regole ancora più stringenti, essendoci moltissime norme che tutelano il consumatore e che, quindi, non possono mai essere derogate da un contratto.
Ad esempio se il foro competente per eventuali controversie fosse quello del venditore, questa clausola è come se non fosse mai stata apposta, a favore del foro esclusivo del consumatore.
In poche parole, con i clienti consumatori, se si avvia una causa si deve fare per forza e senza eccezioni nel Tribunale ove ha la residenza il cliente, a prescindere da ciò che c’è scritto nel contratto e di quante firme o spunte sono state apposte.
Se non si leggono i documenti?
Il fatto di non aver letto i documenti presenti online al momento della conclusione dell’ordine può invalidare il contratto?
In fondo, non avendo preso coscienza del contenuto del contratto, come si può considerarlo valido?
Ebbene in questo caso la legge non aiuta, perché non ammette ignoranza, nel senso di non conoscenza.
Così come per le leggi vigenti dello Stato – per le quali non è possibile invocare la mancata conoscenza soggettiva quando queste sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, rispettando l’iter previsto – anche nel caso dei contratti, la mancata lettura e comprensione dei documenti non è un argomento valido per ritenere che il contratto non sia valido.
Nel momento in cui i documenti vengono messi a disposizione e, come in questo caso, facilmente raggiungibili con un semplice click, la responsabilità di leggerli e di decidere se accettarli o meno resta nella sfera del cliente.
Quindi affermare di non aver letto il contratto non è di aiuto per fare un passo indietro.
Il diritto di recesso?
Sempre nel caso del cliente consumatore, per i contratti conclusi a distanza, come quelli online, è possibile recedere entro 14 giorni dalla conclusione del contratto o dal ricevimento della merce.
Quindi anche se il contratto è valido, esiste la possibilità di recedere, senza alcuna giustificazione, semplicemente perchè il cliente ci ha ripensato.
Nel caso dell’acquisto di un corso online, il diritto di recesso decorre dal momento dell’acquisto.
Magari la lettrice poteva ancora esercitare il diritto di recesso, avendo acquistato il corso da meno di 14 giorni.
Oppure, anche essendo passati i 14 giorni, poteva godere di un diritto di recesso maggiore per il fatto che le condizioni generali di vendita non contenessero sufficienti informazioni sul diritto di recesso e di come esercitarlo (in questo caso, il diritto di recesso può sussistere anche per più di un anno all’acquisto – Diritto di recesso di 12 mesi e 14 giorni: è possibile?
Se il diritto di recesso non era previsto?
Nel caso di corsi online, trattandosi di un contenuto digitale non incorporato su supporto materiale, esiste una eccezione al diritto di recesso.
Il venditore può escluderlo, a condizione però che il consumatore abbia accettato la perdita del diritto di recesso.
In questo caso andrebbe verificato come questa esclusione è stata portata a conoscenza del consumatore e di come può averla accettata (se l’ha accettata).
Se il venditore non fosse stato particolarmente accorto nel comunicare l’eccezione e nel farla accettare al consumatore, l’eccezione stessa non sarebbe valida e, quindi, il diritto di recesso sarebbe vivo e vegeto come per legge.
Se il corso non corrisponde a quanto promesso?
Se le motivazioni che hanno portato questa lettrice a fare un passo indietro fossero legate al fatto di essersi resa conto che il contenuto del corso non era affatto come era stato descritto nelle pagine di vendita, si sarebbe potuto aprire un intero capitolo sul tema della pubblicità ingannevole o sulla vendita di qualcosa di diverso da quanto promesso.
Spesso le pagine di vendita si spingono oltre i limiti di legge, per convincere il cliente ad acquistare, trascinato dalle emozioni del momento.
Nulla di male nell’enfatizzare le caratteristiche del prodotto (in questo caso del corso) ma queste devono essere veritiere e trasparenti.
Se chi vende un corso fa promesse e poi non le mantiene, potrà ben aspettarsi una legittima richiesta di rimborso dal cliente.
Naturalmente ciò vale per le promesse fatte dal venditore: se è il cliente ad aver fatto castelli in aria, allora in quel caso poco ci si potrà fare.
Trovare un accordo
Infine qualsiasi problema giuridico, per quanto compromesso, può essere risolto attraverso la ricerca di un accordo che non potrà essere, per sua natura, completamente sbilanciato da una parte, ma potrà offrire una soluzione rapida e senza strascichi al problema, evitando che si possa ingigantire ancor di più (per effetto dell’aumento del credito dato dagli interessi e dalle spese legali).
Mediante un accordo scritto, che è denominato transazione, si può letteralmente mettere una pietra tombale al problema, permettendo al venditore e al consumatore di risolvere la vertenza andando poi ognuno per la propria strada.
Non è una strada percorribile per chi “vuole avere assolutamente ragione” ma è sempre un ottimo modo per evitare di sprecare tempo e denaro in una lite che prosciuga energie, che potrebbero essere meglio impiegate in altro (su questo tema, ho scritto questo articolo “Tutela legale preventiva: quanto costa?” che ti spiega come funzionano le cause in Tribunale e di come starne alla larga come la peste).
Lesson Learned (Lezione imparata)
Questo caso concreto, che ha dato l’occasione per approfondire il tema della validità delle condizioni generali di vendita online, offre lo spunto per una ulteriore importante riflessione.
Il diritto non è fatto di bianchi e di neri, anzi le zone d’ombra coprono tutte le scale di grigio, da far impallidire la più completa palette di colori disponibile al mondo.
Senza un quadro completo della situazione, non è possibile offrire una risposta personalizzata.
Infatti con un esame completo della documentazione e delle circostanze del caso concreto, poteva ben essere che le conclusioni fossero diverse e che si potesse, così, rispondere al legale dei venditori per opporre la non sussistenza del credito, chiedendo anzi la restituzione dell’acconto versato.
Ecco qual’è la differenza sostanziale tra cercare risposte singole -su Google o via email – e chiedere, invece, una consulenza legale.
Le risposte singole e accademiche, senza alcun approfondimento, vanno bene per farsi un’idea dei principi generali, ma per risolvere un caso concreto vanno esaminate tutte le variabili, nessuna esclusa.
E il primo passo per farlo è senz’altro quello di chiedere una consulenza; solo così è possibile capire come risolvere il problema, iniziando a lavorare sulla soluzione dello stesso.
Il diritto non è un libro con tutte le risposte, secche e sintetiche, ma è fatto di mille sfumature e, alle volte, proprio una di quelle sfumature potrebbe ribaltare una situazione che può sembrare, a prima vista, irrimediabilmente compromessa.