Il tema del targeting e del retargeting è un aspetto della pubblicità online che dobbiamo conoscere molto bene per poterlo utilizzare in modo corretto e senza violare la legge.
Che cos’è il targeting?
Il targeting degli utenti sui social media è uno degli strumenti di marketing più sofisticato e chirurgico che esista perché permette di inviare un messaggio pubblicitario specifico ad un gruppo di destinatari estremamente selezionato.
Ad esempio se un’azienda intendesse promuovere un pacchetto di viaggi avventurosi, potrebbe decidere di mostrare il messaggio promozionale solo a persone che rientrano in una fascia d’età tra i 18 e i 30 anni; ma non solo, potrebbe anche decidere di entrare più nel dettaglio e mostrare il messaggio promozionale a tutti coloro che facciano parte di quella fascia d’età e che siano appassionate di viaggi. Volendo andare ancor più nello specifico, se il viaggio da promuovere dovesse essere organizzato in Sudamerica, si potrebbero cercare solo persone che rientrino nella fascia d’età selezionata, che amino viaggiare e che possano essere particolarmente interessate al Sudamerica.
Questo tipo di pubblicità mirata è possibile grazie alla mole dei dati che i social network raccolgono sui loro utenti, non solo quelli dati che essi forniscono inserendoli nella propria scheda informativa, ma anche attraverso i like, i commenti e, in generale, tutti i comportamenti tenuti dai singoli utenti all’interno della piattaforma (ed anche all’esterno).
Questo meccanismo da un lato permette alle aziende di fare pubblicità mirata con budget più contenuti rispetto alle forme pubblicitarie tradizionali ma, dall’altro lato, presenta dei rischi che non sono sfuggiti all’EDPB.
EDPB chi è e cosa ha fatto?
L‘EDPB è un organismo europeo che raggruppa tutti i Garanti Privacy degli Stati membri, con il compito di emanare linee guida pratiche per l’applicazione uniforme del GDPR negli stati membri.
Di recente questo organismo si è proprio occupato del fenomeno del targeting, producendo delle corpose linee guida (8/2020) che analizzano nel dettaglio questo strumento di marketing e le implicazioni sul trattamento dei dati personali.
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Rischi
Il primo rischio evidenziato dall’EDPB è che questo meccanismo di marketing possa comportare un trattamento di dati che va al di là delle ragionevoli aspettative dell’interessato e che, quindi, possa risolversi un un’interferenza nella vita delle persone non desiderata e non accettata.
Il secondo rischio è quello di essere discriminati ed esclusi sulla base di processi decisionali del tutto sconosciuti: in poche parole l’algoritmo decide cosa possa piacere ad un utente e tenderà a mostrargli quello che pensa sia di suo interesse, escludendolo magari da qualcosa che invece vorrebbe vedere.
Considera che qui non stiamo parlando di post di adorabili gattini o di barzellette, ma stiamo parlando, ad esempio, di offerte vantaggiose per un mutuo prima casa o addirittura di offerte di lavoro alle quali una persona potrebbe essere interessata ma che non ne viene a conoscenza perché un algoritmo lo ha escluso a priori decidendo che quel contenuto non è di suo interesse.
Un altro rischio è quello di manipolare i pensieri e le idee degli utenti, che possano influenzarne i comportamenti e le scelte (pensiamo ad una campagna elettorale ad esempio).
Ma come fa un algoritmo (cioè un software) a fare tutto ciò?
Diversi tipi di targeting
Il targeting può avvenire su più livelli, vediamone alcuni:
sulla base dei dati forniti: in questo caso vien da sé che si tratta di qualcosa su cui gli utenti hanno controllo, potendo decidere di fornire o di non fornire informazioni che riguardano la loro persona e la loro sfera privata.
sulla base dei dati osservati: queste informazioni sono anche quelle che vengono inserite nei post pubblicati (ad esempio se hai pubblicato un post 12 anni fa annunciando la nascita di tuo figlio, stai pur certo che eventuali pubblicità indirizzate a genitori di figli preadolescenti saranno senz’altro mostrate nel tuo feed) o in base al comportamento tenuto sui social (se metti continuamente mi piace a post di animali da compagnia, sarai classificato come un soggetto al quale mostrare una pubblicità di cibo per cani).
sulla base dei dati dedotti: in base alla cronologia di navigazione nel web. Questo meccanismo potrebbe portare anche a formulare delle ipotesi predittive sui comportamenti e le scelte future degli utenti.
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Cautele d’uso
Questo tipo di pubblicità offre senza dubbio delle ottime opportunità di crescita del proprio business online ma, come abbiamo visto sopra, il rovescio della medaglia presenta dei rischi di possibile lesione dei diritti fondamentali delle persone di cui non possiamo non tenere conto.
Sarà un problema di Facebook, no?
Eh no, non è solo un problema di Facebook.
Infatti le linee guida chiariscono molto bene che la responsabilità del trattamento dei dati nel targeting è ripartita tra il social Network e l’azienda o organizzazione che si avvale di questi strumenti.
Questa impostazione risponde al principio per il quale chi si avvantaggia di uno strumento, si fa carico anche degli svantaggi.
Perciò anche se il titolare non vede nulla e non sa chi sono le persone alle quali il proprio annuncio è mostrato (così come non sa quali persone sono state escluse dal gruppo di destinatari) in qualche modo ne è coinvolto, perchè la scelta dei criteri e le modalità ed i tempi della campagna sono da lui decisi (o dall’agenzia che ha incaricato, per suo conto).
E il retargeting?
Il retargeting è uno strumento attraverso il quale un’azienda può riproporre qualcosa a degli utenti che, in qualche modo sono già entrati in contatto con la stessa.
Ad esempio prendere una lista E-mail di persone che sono sue clienti o followers, caricarle su un social network (Facebook) e decidere di mostrare annunci pubblicitari proprio alle persone presenti in quella lista.
Oppure decidere di mostrare un annuncio alle persone che hanno messo il Like alla pagina o ad un post in un determinato spazio temporale, o che hanno commentato un post specifico.
Questa tipologia di trattamento è ancora più mirata ed incisiva e richiede ulteriori cautele da mettere in atto (come, ad esempio, la richiesta di un esplicito consenso agli interessati per questo trattamento e un’attenta politica interna che preveda un protocollo preciso su come e per quanto tempo utilizzare quei dati per questa specifica finalità).
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